Nei pressi del “ciabot” sarà anche inaugurata la panchina gigante che consentirà di ammirare dai vigneti il panorama della bassa Valle Germanasca e della Val Chisone.
Il programma della giornata, patrocinata dalla Città Metropolitana di Torino, prevede il ritrovo alle 10 nella piazza del Municipio e la salita a piedi al punto degustazione e alla panchina gigante. Il saluto delle autorità è previsto per le 10,30. Seguirà la presentazione dei progetti di recupero e valorizzazione dei vigneti del Ramìe. L’accesso al punto degustazione e alla panchina gigante si svolgerà a gruppi per evitare assembramenti. È obbligatorio l’uso della mascherina. Per partecipare al pranzo con menù tipico occorre chiamare i numeri telefonici 320-1833725 o 349-4124057. A coloro che parteciperanno al pranzo si consiglia di parcheggiare presso gli impianti sportivi.
Il Ramìe di Pomaretto è uno dei prodotti più tipici della vitivinicoltura “eroica” di montagna e, insieme ad altre vere e proprie perle enologiche di Piemonte, Valle d’Aosta e Savoia, è stato valorizzato dal progetto europeo ALCOTRA Strada dei Vigneti Alpini, di cui è capofila la Città Metropolitana di Torino. Il progetto sta consentendo al Comune di Pomaretto di dar vita ad un vero e proprio itinerario di turismo enologico, grazie allo spazio di accoglienza panoramico lungo il Sentiero del Ramìe. Il recupero di alcuni “ciabot”è stato progettato dall’architetto Gioacchino Jelmini e, per la parte strutturale, dall’ingegner Michele Ughetto. I lavori sono stati eseguiti dalla ditta Futur Garden. Nella primavera del 2021 verrà avviata la gestione della struttura, che sarà a disposizione dei produttori locali per eventuali degustazioni riservate ai loro clienti. I ciabot che si stanno recuperando a Pomaretto, alcuni dei quali fino a poco tempo fa completamente diroccati e coperti dalla vegetazione, si trovano in un’area i cui appezzamenti fino al 2013 erano abbandonati. Grazie ad un bando del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Piemonte e all’impegno del Gal Escartons Valli Valdesi i vigneti abbandonati sono stati ripuliti dalla vegetazione infestante e, almeno in parte, trasformati in un nuovo vigneto didattico di circa 1.500 metri quadrati, dove sono state impiantate le barbatelle di quatto vitigni che caratterizzano il vino Ramìe: l’Avana, l’Avarengo, il Becuet e il Chatus.
LA STRADA DEI VIGNETI ALPINI
Valorizzare nuovi itinerari di scoperta enoturistica sui due versanti delle Alpi Occidentali: è questo l’ambizioso obiettivo del progetto della Strada dei Vigneti Alpini che, dopo un lavoro preparatorio durato due anni, dal marzo 2017 è entrato in una fase operativa che non si è ancora conclusa, coinvolgendo amministrazioni pubbliche e agenzie torinesi, valdostane e savoiarde, che hanno candidato il progetto al sostegno da parte dell’Unione Europea nell’ambito del programma Interreg Alcotra 2014-2020.
L’Asse 3 del programma riguarda in particolare l’attrattività del territorio e uno degli obiettivi da perseguire è l’incremento del turismo sostenibile. La Strada dei Vigneti Alpini intende proporre un itinerario turistico tematico transfrontaliero, che valorizza le peculiarità dei tre territori coinvolti dal punto di vista enologico, gastronomico, geografico, storico e culturale.
UNA VITIVINICOLTURA CHE È TRADIZIONE E DIFESA DEL TERRITORIO
Nonostante la crisi economica che ha caratterizzato gli ultimi dodici anni, quella della riscoperta e valorizzazione del Ramìe nelle valli Chisone e Germanasca è la storia di una piccola iniziativa economica di successo. Le vigne da cui proviene l’uva vinificata nel Ramìe sono state impiantate con grande fatica nei secoli scorsi a una quota tra i 600 e i 900 metri, lungo pendii estremamente ripidi, contraddistinti da terrazzamenti a secco. All’imbocco della Val Germanasca è impossibile non notare le vigne che incombono sulla strada di fondovalle, quasi “strappate” alla montagna, sul versante pietroso esposto a meridione. La tradizione vinicola locale risale all’epoca medievale e, anche se con grande fatica, ha resistito alla diffusione della fillossera alla fine del XIX secolo, per poi rinascere nel secondo dopoguerra raggiungendo discreti livelli qualitativi. Tanto che Luigi Veronelli scrisse a proposito di quello che però chiamò erroneamente “Ramiè”, che aveva un “colore rosso rubino e delicato profumo. Sapore giustamente asciutto, fine, gustoso”. Il recupero dei terrazzamenti abbandonati e il superamento della produzione per il semplice autoconsumo sono però recenti, anche se la denominazione Doc nell’ambito della famiglia “Pinerolese” risale al 1996. I “profeti” della ricoperta del Ramìe sono stati Daniele Coutandin e l’agriturismo La Chabranda, che furono i primi promotori, insieme all’assessorato all’agricoltura e montagna dell’allora Provincia di Torino, che finanziò nel 2003 la costruzione di una monorotaia per facilitare il lavoro e la vendemmia, riprendendo il modello già applicato con successo nelle Cinque Terre. Dal 2009 il Comune di Pomaretto ha promosso la costituzione di un consorzio tra i piccoli contadini che ancora coltivavano le terrazze. Il nome ufficiale della Doc è “Pinerolese Ramìe”, per un prodotto che scaturisce prevalentemente dalla fermentazione delle uve di un vitigno particolare e di estrazione montana come l’Avarengo. A queste uve possono essere aggiunte minori quantità di Neretto di Bairo e Avanà. La vinificazione è stata condotta per tre anni in maniera sperimentale a Chieri, presso l’Istituto Bonafous della Facoltà di agraria dell’Università di Torino. Successivamente il consorzio ha trasferito il processo di trasformazione delle uve in vino all’Istituto Malva Arnaldi di Bibiana. La collaborazione con l’Università ha consentito al consorzio di migliorare la qualità del vino e di aumentare progressivamente la produzione da 1000 a 4000 bottiglie. Il consorzio si occupa della gestione collettiva della vendita del vino e dell’accesso a finanziamenti per la manutenzione dei muri a secco e delle vigne. Oggi il Ramìe è proposto nei bar, nelle osterie e nei ristoranti delle valli Chisone e Germanasca e offre ai turisti un’esperienza aggiuntiva di conoscenza delle eccellenze del territorio. Per i giovani di Pomaretto, forse, vivere esclusivamente di vitivinicoltura non sarà mai possibile, ma il Ramìe può costituire un’interessante integrazione al reddito e l’occasione per realizzare una manutenzione del territorio che fa bene sia all’ambiente che all’economia locale. Lo testimonia il giovane che recentemente ha preso in gestione alcuni vigneti e sta progettando il ripristino della coltura su terrazzamenti in abbandono.
Fonte: Ufficio Stampa
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