TERRA PICENA DA SCOPRIRE

Appunti di viaggio

Sono circa le 11 del mattino quando arrivo nel centro di Ascoli Piceno. Nei giorni a venire avrò tante scoperte da fare, territori da visitare e sapori da gustare, persone da incontrare e meraviglie architettoniche da vedere. Dopo avere preso alloggio in un antico palazzo seicentesco mi reco all’Entry Point. E’ situato sul Corso Vittorio Emanuele in centro città, ne approfitto per una prima passeggiata con veduta della Cattedrale di Sant’Emidio e la piazza Arringo. Giunto all’Entry trovo gli amici del progetto “Mete Picene”, sono loro ad avermi invitato insieme ad altri colleghi giornalisti. Il nostro primo incontro ha lo scopo di farci conoscere al meglio il progetto che è stato realizzato dal Bim Tronto (Bacino Imbrifero Montano del Tronto) con la Fondazione Carisap (Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno), nell’ambito del Masterplan Terremoto, in partenariato con Opera Cooperativa Sociale e La Casa di Asterione, e che ha lo scopo di valorizzare il sistema museale al fine di incrementare sul territorio un turismo culturale ad ampia valenza sociale dopo i gravi eventi sismici. Il progetto abbraccia un territorio di 17 comuni dell’entroterra e i Musei aderenti al sistema sono davvero tanti e ognuno ha una sua dimensione ben specifica risultando di notevole interesse per il turista sia italiano che straniero. Ma, come molti di voi sapranno, non c’è Ascoli senza Oliva Ascolana! Dopo la presentazione delle Mete un momento goloso con una delle squisitezze più famose e buone d’Italia e gli addetti del Consorzio di Tutela dell’Oliva Ascolana DOP.
Dopo il piacevole momento di gusto ha inizio il nostro tour. La prima tappa è il Comune di Monsampolo. Ci dirigiamo verso la bellissima chiesa Maria SS Assunta i cui lavori di edificazione iniziarono nel 1572 in concomitanza dello sviluppo demografico del posto, al suo interno sono custodite opere artistiche di alto pregio. Un crocifisso ligneo policromo del XV-XVI secolo, una pala raffigurante l’Ultima Cena di Pietro Gaia (1596) e altre creazioni di particolare interesse storico artistico. Ma la particolarità più interessante da vedere assolutamente è il Museo della Cripta. Al di sotto della chiesa, nella cripta, nel 2003 durante i lavori di restauro vennero alla luce 18 fosse circolari, quattro ossari e una tomba di bambino. Le vecchie fosse granarie vennero dunque utilizzate nel tempo come cimitero cittadino. Nel prosieguo dei lavori, con l’abbattimento del muro della Cappella della Buona Morte, il nome di una confraternita che nel 1600 si occupava della sepoltura dei defunti, alla luce vennero anche un ragguardevole numero di corpi mummificati con tanto di abiti. Non scendo nei particolari tecnici delle varie tecniche di mummificazioni utilizzate da diversi popoli nel corso dei secoli, mi limito a dire che questi soggetti ritrovati sul luogo hanno subito un fenomeno di disidratazione spinta. Una ventina di corpi che, fatta eccezione per due persone, sono vestite e questo consente agli studiosi di ripercorrere la storia dell’abbigliamento dei ceti popolari della Vallata del Tronto tra il 1600 e il 1800. Inutile dire che è da vedere in quanto interessantissimo.

Il viaggio prosegue e si arriva al Museo Civico dei Codici di San Giacomo della Marca a Monteprandone. Di straordinario interesse storico religioso sono i 61 volumi della libreria del Santo conservati all’interno del Museo. Monteprandone è una deliziosa località posizionata su di un colle a 280 metri sul mare. Tutta questa zona Picena si divide tra mare e montagna entrambe raggiungibili in pochi minuti. Monteprandone, per esempio, dista ad un passo dalle dorate spiagge di San Benedetto del Tronto e dalla sua altezza è visibile un meraviglioso panorama sull’Adriatico e allo stesso tempo sul Gran Sasso e i monti Sibillini. Tornando ai volumi del Santo i più pregiati sono i quattro autografati con trascrizioni di sermoni e omelie. Si aggiunga poi una lettera che San Giacomo inviò a San Giovanni di Capestrano. Ad impreziosire il Museo due mappe del paese datate XVIII e XIX secolo. Inoltre una moneta risalente al 1652 e coniata da Carlo II Gonzaga-Nerves in occasione della nascita del figlio Federico Carlo. La storia ci dice che Carlo II e sua moglie, Clara d’Asburgo, non potessero avere figli e soltanto dopo l’invocazione al Beato San Giacomo della Marca riuscirono a procreare. Giacomo della Marca nacque nel 1393 a Monteprandone, laureato a Perugia (1412) in giurisprudenza preferì entrare a fare parte dei Frati Minori (1416) piuttosto che seguire il cammino per cui aveva studiato. Predicatore, pacificatore, nunzio apostolico, fu consigliere di Papi e di Re. A lui si devono la costruzione di ospedali, conventi, orfanatrofi e biblioteche, morì a Napoli nel 1476. La sua canonizzazione è avvenuta nel 1726 per mano di Papa Benedetto XIII.
La giornata è stata lunga ed è tempo di rientrare ad Ascoli. Ci accomodiamo ai tavoli di una tipica locanda, l’ambiente è molto carino, il personale gentilissimo e i piatti deliziosi. Si inizia con carosello di salumi e formaggi locali, a ruota il fritto misto ascolano quello che si prepara friggendo vari tipi di verdure e si arricchisce con le olive ascolane farcite e la costoletta d’agnello. Segue una superba zuppa di farro, fagioli e funghi, dei gustosi ravioli e le tagliate di carne bovina marchigiana abbinate a funghi, verdure grigliate, salse e scaglie di formaggio, il tutto annaffiato da vino rosso Piceno.

Il mattino successivo si riparte per raggiungere Montemonaco a 980 metri sul mare vera perla dei monti Sibillini inserita nel Parco Nazionale. Qui la nostra meta è il Museo della Sibilla. La Sibilla, profetessa antica, regina delle fate vive nel profondo paradiso sotterraneo della montagna. Il suo mito ha origini medioevali come sunto di antichi culti risalanti all’era del Bronzo tardo. Qui tra tradizioni celtiche, leggende Bretoni, riti ed eresie, si narrano le storie di cavalieri perduti o salvati. Credenze e fantasie, realtà e stregoneria, magia e mistero che fanno della Sibilla e del suo regno sotterraneo una leggenda decantata da Antoine de La Sale nel XV secolo e ancor più da Andrea da Barberino nel suo libro “Guerin Meschino”. L’intero libro è dedicato alle avventure del cavalieri che si reca ad interrogare la Sibilla nella sua grotta incantata rimanendone prigioniero per un intero anno.
Lasciamo le favole e ci rituffiamo nei sapori locali. Per pranzo si arriva a Comunanza presso un ristorante che propone solo ricette tipiche locali. Qualche salume, giusto per iniziare, un tortino di polenta con fonduta di formaggio e tartufo e come primo i vincisgrassi. E’ la tipica lasagna marchigiana ma qui a dire il vero preferiscono chiamarla timballo: io la chiamo eccezionale, perché è davvero buonissima. Ma il piatto forte che, come giornalista enogastronomico non posso perdermi assolutamente è il “tordo matto”. Premetto che nulla ha a che vedere con il tordo matto laziale, questa è una ricetta tipica del posto con tanto di disciplinare approvato nel giugno 2008 e depositato presso il Comune nel mese di novembre dello stesso anno. Il tordo matto alla Comunanzese si prepara con il culaccino di maiale, bacche di ginepro rosso, aglio, rosmarino, sale, pepe e velo di maiale; si cuoce sulla griglia ed è spettacolare: non provarlo è pura follia!

Torniamo in città, ad Ascoli, dove la storia trasuda dai muri dei palazzi, delle case, delle chiese, dove tutto è da guardare e scoprire. Città romana e medievale, luogo delle cento torri e corte rinascimentale. Ascoli a dimensione d’uomo con i suoi vicoli, le “Rue”, e le sue piazze, con una pinacoteca di grande spessore e la modernità che avanza. Bella, storica e avvolgente, con il suo tipico travertino che riveste di prestigio le dimore. Se non l’avete ancora visitata fatelo perché ne rimarrete impressionati da tanta bellezza. Per il gruppo, oltre alla visita cittadina accompagnata da una guida esperta e gentile, c’è una piacevolissima sorpresa di fine giornata. Facciamo una pausa nei vari alloggi che ci ospitano e per le ore 20.00 ci portiamo tutti nella Piazza del Popolo dove ha sede lo storico Caffè Meletti dal 1907 celebre per la sua Anisetta prodotta con l’anice verde di Castignano. Ci accomodiamo nelle sale superiori per la cena ma è lampante che stiamo per vivere una serata speciale. Facciamo un tutto nel passato: siamo nel 1960 sul set di un film. Sto parlando di un lavoro del maestro Francesco Maselli, più conosciuto come Citto Maselli, classe 1930, realizzato ad Ascoli e in modo particolare presso il Caffè Meletti. Il film in questione è “I Delfini” ovvero la storia dei figli della ricca borghesia che trascorrono le loro giornate tra ozio, noia e banali divertimenti in attesa di iniziare a lavorare presso le aziende di famiglia. Tra gli attori spiccano una giovane Claudia Cardinale e un affascinante Thomas Milian, con loro Betsy Blair, Sergio Fantoni, Enzo Garinei. Il film è rimasto nei cuori degli ascolani e durante la serata si festeggiano i 60 anni dell’uscita alla presenza del maestro Maselli. Tra una portata e l’altra ci vengono proposti spezzoni del film (restaurato nel 1998 nell’ambito della campagna Adotta un film – 100 film da salvare), scene del backstage e alcune comparse locali di allora raccontano come venne vissuto in città l’evento cinematografico. Citto Maselli, all’alba dei suoi 90 anni, ci regala grandi sorrisi raccontando aneddoti degli attori sconosciuti al pubblico.

Vi ho soltanto segnalato una piccolissima parte di quanto potrete vedere ed assaporare su questa terra, i Musei sono tantissimi: del fischietto, delle pipe, della terracotta popolare, della rana, della bacologia, della pajarola, del ricamo, della ceramica; e poi chiese, fortezze, collegiate, antichi borghi, spiagge e montagna. La cucina locale è ricca di ricette uniche e ingredienti di qualità, i vini sono pregiati sia bianchi che rossi, la gente è cordiale e ospitale. Fate base ad Ascoli e vedrete come in pochi chilometri potrete raggiungere tutte le pagine di un meraviglioso libro storico che si chiama Piceno. Mete Picene vi propone ben 6 itinerari esperienziali accompagnati da ottimi ciceroni che sapranno farvi vivere emozioni speciale.

Fabrizio Salce