“L’annata promette bene, soprattutto se guardiamo alla qualità dei primi campioni che stiamo analizzando – spiega Stefano Greppi, risicoltore di Rosasco (PV) – Siamo preoccupati invece per i prezzi, che già si prospettano al di sotto dei costi di produzione”. “Prevediamo un raccolto di alta qualità – gli fa eco Cesare Fedeli, agricoltore di Milano – nonostante il clima poco favorevole della scorsa primavera abbia rallentato la crescita del riso”.
Intanto però in Europa è boom per le importazioni di riso da risotto. Secondo un’elaborazione di Coldiretti Lombardia su dati della Commissione Europea, nell’ultimo anno l’import in Ue di chicchi di varietà Japonica provenienti dall’estero ha fatto segnare un nuovo record, arrivando a oltre 161 mila tonnellate rispetto alle 86 mila circa della campagna 2018/19 (+87%) e alle poco più di 27 mila tonnellate della campagna 2017/18 (+490%).
L’import di riso da risotto in Europa – spiega la Coldiretti Lombardia – proviene per quasi il 90% dalla Birmania (Myanmar), nazione del Sud Est asiatico da cui nell’ultimo anno le importazioni di riso Indica si sono quasi azzerate, dopo l’attivazione nel gennaio 2019 della clausola di salvaguardia che ha eliminato la facilitazione del dazio zero sull’import di questa tipologia di riso dallo stesso Myanmar e dalla Cambogia. Continuano invece a godere delle esenzioni tariffarie le importazioni di riso Japonica dalla Birmania, che nei primi sei mesi di quest’anno in Italia sono aumentate del 44%. Oltre a fare concorrenza sleale ai produttori italiani – ricorda la Coldiretti – sul Paese asiatico pesa l’accusa di violazione dei diritti umani ed addirittura di “genocidio intenzionale” per i crimini commessi contro la minoranza musulmana dei Rohingya, ed è quindi necessario attivare al più presto la sospensione totale del regime EBA (tutto tranne le armi) avviando al tempo stesso un monitoraggio quotidiano e coordinato a livello europeo delle importazioni di riso Japonica.
Ma nel nostro Paese sono cresciute anche le importazioni dal Vietnam, destinate ad aumentare ulteriormente per l’entrata in vigore nell’agosto scorso dell’accordo di libero scambio con la Ue che comporta l’ingresso a dazio zero di 80mila tonnellate di riso lavorato, semilavorato e aromatico.
Nell’ambito dei negoziati internazionali per gli accordi di libero scambio – sostiene la Coldiretti – il riso deve essere considerato un prodotto “sensibile” dalla Commissione Ue, evitando nuove concessioni all’import e rendendo obbligatoria a livello europeo in etichetta l’indicazione del Paese di origine, in modo da indirizzare gli investimenti dei fondi comunitari per la promozione solo verso il riso coltivato nell’Unione.
Per la sicurezza dei consumatori – afferma la Coldiretti – è poi necessario eliminare le soglie di tolleranza per le sostanze vietate all’interno dell’Ue con il divieto all’importazione di prodotti agricoli contenenti sostanze attive non approvate nell’Ue, con reciprocità – conclude la Coldiretti – nelle regole sull’uso degli agrofarmaci tra i produttori Ue e tra questi e quelli dei paesi terzi.
“È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori – commenta Paolo Voltini, presidente di Coldiretti Lombardia nel sottolineare che – Dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci deve essere un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore”.
L’Italia – conclude la Coldiretti Lombardia – è il primo produttore europeo di riso con 228 mila ettari coltivati e 4 mila aziende agricole che raccolgono 1,50 milioni di tonnellate di chicchi all’anno, pari a circa il 50% dell’intera produzione Ue con una gamma varietale unica e fra le migliori del mondo. Con oltre 80 mila ettari dedicati a questo prodotto, Pavia è la prima provincia risicola italiana; in Lombardia altre aree vocate alla coltivazione del riso si trovano in provincia di Milano, Lodi e Mantova.
Fonte: Ufficio stampa Coldiretti