La “Cappa d’Oro”, tempio del pesce


Cucina spettacolo o cucina della tradizione?

Cucina fusion internazionale o cucina legata al territorio?

Cucina molecolare o cucina della nonna?

Fate voi.

Noi, buongustai impenitenti, sottoscriviamo quanto amava ripetere Paul Bocuse, padre della “nouvelle cuisine”.

Per il leggendario chef francese esistono due tipi di cucina: quella buona e quella cattiva.

“Tutto – diceva – dipende dalla saggezza e soprattutto dall’amore con cui viene elaborata”.

Amore che ritrovo in alcuni dei miei ristoranti del cuore.

Uno di questi è la “Cappa d’Oro” di Stanghella (Padova), autentico tempio della tradizione marinara dell’Alto Adriatico e metà della mia ultima trasferta settimanale extra menia.

Alcune indicazioni per arrivarci.

Siamo nella Bassa Padovana al confine con la provincia di Rovigo.

Punto di riferimento è Monselice, estremità meridionale dei Colli Euganei.

Qui si imbocca la statale rodigina e si percorre un lungo rettilineo fiancheggiato a destra e sinistra da una miriade di aziende artigianali, commerciali e industriali, figlie del “boom” veneto degli anni Sessanta, Settanta, Ottanta.

Ad un tratto, dopo pochi chilometri, ecco l’insegna della “Cappa d’Oro”, una vera e propria oasi nel verde, a debita distanza dalla trafficatissima arteria stradale.

Splendido il giardino con olivi secolari, piante aromatiche e rampicanti che circondano il dehors, un anteprima di quanto offrono per eleganza, calore e intimità le salette interne. 

Numi tutelari di questo angolo di paradiso sono Roberto e Marco Brigato, seconda e terza generazione del patriarca, il mitico Gino “Menache”, infaticabile condottiero dell’antica trattoria.

Lo testimoniano 70 anni di storia del locale frequentato un tempo dai carrettieri della zona che amavano fermarsi per un’ombretta e per i tradizionali “spuncioni” (assaggini) del giorno: alici marinate, sarde in saor, scampetti, canoce.

A quell’epoca Roberto (aveva 15 anni) era già lì, con i calzoncini corti, davanti al fuoco del “fogolar” a preparare grigliate.

Quanta storia è passata sulla griglia di questa allora modesta, oggi raffinata, trattoria di campagna.

E quanto pesce, fresco di giornata, dell’Alto Adriatico, del Delta del Po, della Sacca di Scardovari.

Un trionfo di crostacei, molluschi, frutti di mare.

In primis le mitiche cappesante o conchiglie di San Giacomo che hanno dato il nome al locale.

Vassoi su vassoi che sono proposti a ritmo incalzante appena seduti al tavolo (non chiedete il menu, ci pensano Roberto e il figlio Marco a soddisfare il palato con le proposte del giorno, sempre ricche di ghiotte sorprese).

La carrellata di antipasti è quanto di meglio offrono il mare e la laguna. Ieri l’altro, oltre alle tradizionali cappesante alla brace, alle mazzancolle alla griglia, alle cozze gratinate al forno, agli scampetti, alle canoce, ai moscardini, all’impepata di cozze. Al sautè di vongole veraci di Scardovari, alle sarde in saor.

Ho avuto la fortuna di assaggiare i “gransi” rosa (granchietti) al forno, una rarità che da sola valeva il viaggio.

Da standing ovation anche il bollito “misto mare” al vapore (mazzancolle, polpo, cannolicchi, scampi), un vassoio imponente che occupa mezzo tavolo e che funge da apripista alla spettacolare “catalana”. Must della Cappa d’Oro: astice, granciporro, canocchie, scampi, piovra, mazzancolle, il tutto abbinato a verdure e frutta di stagione.

Breve pausa in attesa di trovare un posticino per il super gettonato (non manca mai) risotto con capesante, calamari, seppie.

Si continua con i tagliolini (la pasta è fatta in casa) con gli scampi e le primizie di stagione.

Imperdibili entrambi.

E qui si è conclusa la mia pantagruelica abbuffata in compagnia (altrimenti come avrei potuto assaggiare da solo tutto questo “ben di Dio”) dell’amico e collega enogastronomo patavino Renato Malaman.

Ma i più coraggiosi possono continuare con il misto griglia dell’Adriatico: sogliole, scampi, rombi, orate, seppioline.

Il tutto accompagnato dai vini della casa in caraffa, vini schietti e veraci in sintonia con i piatti, mentre i wine lover non hanno che l’imbarazzo della scelta nell’abbinare alle varie portate alcune etichette di prestigio, bollicine in particolare.

Che altro aggiungere?

Semplicemente chapeau. (GIUSEPPE CASAGRANDE)


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