CARNEVALE IN MONFERRATO!

Tra spose rapite, diavoli e falò, due proposte diverse dalle classiche sfilate, che presidiano tradizioni secolari, mistero e leggende popolari e divengono spunto di shortbreak in un fascinoso Monferrato fuori stagione.

 

A Carnevale …la gita la vale! Il tempo dei lazzi e dei coriandoli diviene un’ intrigante occasione per unire la scoperta di luoghi suggestivi a quella di tradizioni secolari mescolando leggenda, tradizione e anche un po’ di superstizione, in un tripudio di colori, costumi, suoni (e, naturalmente, sapori). Nel cuore della provincia di Alessandria, nell’alto Monferrato – a un’ora d’auto da Torino Milano e Genova – ecco due proposte, diverse dalle classiche sfilate di maschere e carri, che mantengono riti e spettacoli fascinosi e un po’ misteriosi, fornendo divertenti spunti anche per i bambini, per unire il festeggiamento del carnevale alla nuove scoperte, accompagnandosi ai sapori tipici delle farinate e dei fricieu. 

LA LACHERA (Rocca Grimalda) 15 e 16 febbraio
A Rocca Grimalda, a pochi chilometri da Ovada, facilmente raggiungibile attraverso lo svincolo dell’autostrada A26, torna, il 15 e 16 febbraio, la suggestione un po’ misteriosa dell’appuntamento con LA LACHERA. L’origine di questa antica tradizione, misto di danza e rappresentazione teatrale, si fa risalire alla rivolta del popolo contro il signore del paese che pretendeva di esigere lo Jus Primae Noctis sulle spose, ma deriva anche certamente dai riti propiziatori della primavera. Sembra che il termine Lachera provenga da lacchè, i servitori, che in questa occasione impersonano le figure dell’autorità e con i loro copricapi floreali ne fanno una caricatura carnescialesca. Al centro del corteo e delle danze, il matrimonio di due giovani, anch’essi mascherati, che simboleggia la rinascita della vita alla fine dell’inverno. Il corteo nuziale è caratterizzato da suoni, schiocchi, tintinnare di sonagliere, vorticare di fiori e nastri colorati e i costumi cosi come le spade e le fruste, nel corso dei secoli sono stati preparati dalla gente del paese e ogni periodo storico ha lasciato una traccia nella coreografia. La Lachera si sviluppa intorno a tre danze: la Lachera vera e propria, danzata ininterrottamente durante il corteo dei lache’, basata su saltelli e sgambetti delle figure che avanzano e retrocedono continuamente, la Giga e il Calisun, in cui alla fine la sposa scaccia i lachè. Ultimamente si sono aggiunte anche la curenta dir butei e la monferrina, danzate dai campagnoli e mulattieri. Anche i personaggi sono precisamente definiti: gli sposi sono circondati dai lachè, la cui coreografia è una ridicolizzazione grottesca dei signori e dei potenti (con copricapi a forma di mitre vescovili infiorate) e i loro movimenti sono continui saltelli verso la sposa senza mai riuscire davvero a rapirla. Poi vi sono i Trapulin, sorta di arlecchini che schioccano le fruste (scuriass) ai lati del corteo e due Zuav armati di spade e accompagnati da ballerine che scortano gli sposi e spesso li difendono dagli attacchi di Bebè, a metà tra diavolo e buffone, ambiguo e inquietante, vestito di rosso che (insieme al Guerriero) è l’elemento maligno del corteo: vestito di rosso-viola, con le orecchie e corna di capra disturba i danzatori, cerca di corrompere il pubblico, insidia e ragazze, porta una borsa di pizzo con monete antiche e un bamboccio. Insomma, un appuntamento che affascinerà sia i grandi che i bambini e che prevede un copione che si sviluppa su due giorni. Sabato 15 febbraio, dalle 16 inizia la tradizionale questua: la Lachera visita le cascine del territorio eseguendo le danze propiziatorie di rito nelle aie sempre accolta con offerte di vino e cibo. Ma c’è anche la questua dei bambini, alle 18, nel centro storico del paese, che, accompagnati dal suono di campanacci e coperchi, bussano di casa in casa chiedendo dolci e cibo, con una grande abbuffata conclusiva alle 19. Il corteo poi, mentre al calar della sera nelle cascine si accendono i fuochi, con largo seguito di amici e aggregati, rientra in paese e raggiunge il belvedere dove si brucia il Carvà con suggestive danze intorno al fuoco sino a notte fonda. Domenica 16 Febbraio, alle 15 il corteo della Lachera, terminata la questua nelle campagne, rientra in paese esibendo i prodotti raccolti appesi alle “carasse propiziatorie” ed esegue le danze tradizionali nelle poste dalla “porta” al “belvedere “.
Altri momenti speciali per i bambini: il centro storico sarà inoltre animato da musica, truccabimbi e giochi per bambini al Belvedere, giocoleria, clown, hula hoop, e uno spettacolo musicale itinerante con coreografie e gag, E per tutti, musica e danze della tradizione popolare.
NOVITA’ 2020: Il Gruppo di Danza Popolare della città di Sitges (Spagna) porterà al Carnevale di Rocca Grimalda l’atmosfera coinvolgente e chiassosa della “Festa Mayor”, i gioiosi festeggiamenti dello spirito e dell’identità catalana che si tengono nella città iberica nei mesi di Agosto e di Settembre, in occasione delle celebrazioni di S.Bartolomeo e Santa Tecla. Tra le vie e le piazze del borgo monferrino, il gruppo metterà in scena il “Ball de les Gitanes de Sitges “.
E naturalmente carnevale è anche sapori: nelle corti del centro storico trionfano farinata, salamini, frittelle, e i vini del territorio. I suggestivi costumi della Lachera possono essere ammirati tutto l’anno nelle sale espositive del Museo della maschera di Rocca Grimalda ( prenotazioni al 0143 873552). Info su www.lachera.it

IL CARNEVALE VHOESE (Vho) 21, 23, 25 febbraio – In un altro angolo verde e incantevole del territorio, il tortonese, sui colli che confinano con l’appennino ligure, c’è il borgo di Vho, che, se merita la visita tutto l’anno, a Carnevale dà uno spunto in più, ritrovando una splendida tradizione, ancora una volta legata a storie di solidarietà contadina e al piacere della condivisione.

E’ uno dei più antichi carnevali della provincia, lo si festeggia dagli inizi del Settecento, quando il paese era sotto la Signoria degli Zenone, allora Signori di Castelceriolo e la zona era colpita da frequenti carestie e non si è mai interrotto, neppure durante le due guerre mondiali.
La popolazione locale usava trovarsi il Martedì Grasso, portando ciascuno qualcosa del proprio raccolto, prodotti alimentari e vinicoli da consumare in familiarità. Il cosiddetto “banchetto del contado” fu regolamento autorizzato dai Castellani. Con il passare del tempo la sua fama si ampliò: al banchetto del contado non partecipavano soltanto gli abitanti del paese ma, sempre più numerose, le popolazioni della zona Tortonese. Una ulteriore evoluzione si è avuta agli inizi dell’Ottocento; vi contribuivano il Parroco del paese, che regalava le “saracche”, e le famiglie locali, che portavano i paioli in rame per la cottura della polenta. La festa durava tutto il giorno – con la distribuzione, a tutti gli intervenuti, di polenta, salumi cotti, frutta di stagione e vino locale – e terminava in serata, quando il gruppo ristretto dei lavoranti consumava in allegria i cibi ed i vini avanzati.

Oggi, le tracce della sua storia, il carnevale vhoese le conserva gelosamente perché, organizzato dalla soms locale, i paioli di rame sono gli stessi che le famiglie locali mettono a disposizione, tramandate da generazioni, per rivivere la tradizione secolare, ma il programma oltre che al martedi grasso, prende il via il venerdi e la domenica precedenti.

Venerdi 21 febbraio: i saloni del vecchio municipio, oggi teatro civico, ospitano il grande ballo in maschera, mentre la domenica 23 è il giorno speciale dedicato ai bambini, con la pentolaccia ricca di dolci e doni. Sino al giorno clou del martedì grasso, il 25 febbraio, quando sin dal mattino la piazza e il centro storico si allestiscono. Come per il passato, prevede la preparazione della polenta, preparata dagli anziani del luogo che “passano” la tradizione ai giovani, con la farina di mais ottofile nei cinque grandi paioli di rame sui braceri di legna, insieme ai salamini ed ai vini Vhoesi e naturalmente alle immancabili saracche.

Per info: 0131 864297 (Ufficio manifestazioni comune di Tortona)

Fonte: Ufficio Stampa