Uno studio iniziato nel 2017 orientato a individuare le peculiarità enologiche della Barbera d’Asti nelle sue vaste aree di coltivazione, pari a 5.425 ettari, che rappresentano il 12% di tutto il vigneto piemontese. Un’estensione molto ampia, diffusa fra 116 Comuni della provincia di Asti (4.540 ha) e 51 della provincia di Alessandria (885 ha), che ha stimolato una domanda: è possibile caratterizzare i vini prodotti in base a peculiarità enologiche riconducibili a zone specifiche all’interno della denominazione? Da qui la suggestione di dividere idealmente il territorio della denominazione stessa in zone uniformi, alle quali attribuire, attraverso un’analisi scientifica dei vini prodotti, valori chimici e profili sensoriali di riferimento ai quali produttori, comunicatori, consumatori e appassionati possono rivolgersi con fiducia e sicurezza.
Un lavoro che è partito con il reperimento di 111 etichette poste in esame, 82 di Barbera d’Asti Docg e 29 Barbera d’Asti Docg Superiore, con 5 sessioni degustazioni alla cieca e bottiglie anonimizzate. Un modo per elaborare un quadro analitico in grado di restituire tutta la complessità della Barbera, che cambia in sfumature chimiche e organolettiche in base all’area di provenienza, segno di grande ricchezza e versatilità di un vitigno così identitario.
Da un punto di vista di caratterizzazione enologica, la correlazione tra i profili sensoriali della Barbera d’Asti e le caratteristiche chimico-fisiche ha portato produrre dati utili per la classificazione dei vini. Da un punto di vista di caratterizzazione territoriale, avvenuta in primo luogo con la divisione dell’areale di produzione in territori distinti da omogeneità produttiva e condizioni pedoclimatiche equiparabili, sono state invece effettuate delle micro-vinificazioni sui campioni provenienti da 13 zone differenti rappresentate da altrettanti vigneti, le quali hanno portato a identificare caratteristiche peculiari e distintive in modo da favorire una caratterizzazione della denominazione sulla base di aree omogenee, ciascuna definita grazie alle caratteristiche chimiche e sensoriali dei vini prodotti.
I risultati, oltre a delineare una mappatura ancora più circostanziata delle zone della Barbera d’Asti aprendo nuovi spazi di valorizzazione e comunicazione per il futuro, serviranno anche a sostenere nuovi studi nella ricerca enologica a partire da un’area e una denominazione apprezzata in tutto il mondo. Un progetto realizzato grazie all’importante sostegno di Regione Piemonte e Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, che confermano di credere e investire nella ricerca attraverso l’appoggio a interventi concreti che ricadono virtuosamente sulle aziende e sul tessuto produttivo del territorio.
«Ricerca, innovazione e conoscenza sono necessarie non soltanto per ottimizzare le coltivazioni, ma anche per raggiungere livelli qualitativi sempre più alti – dichiara Filippo Mobrici, Presidente Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato – Questo progetto, realizzato grazie all’importante sostegno di Regione Piemonte e Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, che confermano di credere e investire nella ricerca attraverso l’appoggio a interventi concreti che ricadano virtuosamente sulle aziende e sul tessuto produttivo del territorio, è il più grande progetto di ricerca che ha interessato il mondo della Barbera d’Asti, dopo quello sui lieviti autoctoni che ha portato a selezionarne alcuni ceppi di alto profilo per l’impiego nelle nostre cantine. La tutela del territorio e la valorizzazione dei suoi patrimoni passa anche attraverso operazioni di questo tipo».
«La Fondazione Cassa di Risparmio di Asti ha sostenuto questo progetto del Consorzio finalizzato a caratterizzare e valorizzare la Barbera, vino simbolo e prodotto trainante per la viticoltura e l’economia del nostro territorio dove le imprese hanno contribuito ad elevarne la qualità e l’immagine» asserisce Mario Sacco, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Asti.
«Il progetto della caratterizzazione ha portato un triennio di lavoro intenso e operativamente articolato in due fasi – spiega Vincenzo Gerbi, Professore Ordinario di Enologia all’Università di Torino – La prima è stata un’indagine dei vini Barbera d’Asti Docg presenti sul mercato, per effettuare una ricognizione generale del prodotto; la seconda quella delle micro-vinificazioni in condizioni uniformi, per far emergere unicamente le caratteristiche del territorio di provenienza delle uve, eliminando di fatto l’intervento della singola azienda. I risultati dimostrano una qualità alta e piuttosto uniforme delle uve, ma caratteri differenti di espressione, segno di una grande versatilità del vitigno. Questo, in termini pratici, può consentire ai produttori di avere più spazi di programmazione commerciale, di intercettare fasce di mercato che possano accogliere una singola espressione del vino. Da un punto di vista scientifico, inoltre, abbiamo avuto la possibilità di ampliare la banca dati della Barbera d’Asti, utile a futuri sviluppi nella ricerca».
Fonte: Ufficio Stampa Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato